A settembre la Camera dei Deputati ha approvato una norma, passata poi al Senato, dal titolo “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo” [1].
Come succede sempre, quando i legislatori si occupano della comunicazione mediata da computer il risultato rischia di provocare più danni di quelli che dovrebbe prevenire.
Già a partire dalla definizione dei termini: “Ai fini della presente legge, con il termine «bullismo» si intendono l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime,…” (art.1, comma 2)
Una definizione del genere, che può andare bene per descrivere un comportamento nella vita reale, assume un aspetto completamente diverso quando viene applicato a Internet. Prendere in giro una volta sola un compagno di classe è un comportamento ben preciso e sostanzialmente diverso da prenderlo in giro tutti i giorni dell’anno scolastico. Prendere in giro, una volta sola su un sito pubblico un compagno di classe non avrà mai la stessa valenza, tenuto conto che quanto viene pubblicato (anche una volta sola) continuerà ad essere visibile fino a quando non sarà rimosso. E, oltretutto, anche se venisse rimosso può comparire nel web ancora, ancora e ancora da qualche altra parte. Un evento del genere, tutt’altro che eccezionale, potrebbe essere considerato una “reiterazione”?
Il comma 3 dell’articolo citato sopra, quello che definisce il “cyberbullismo”, non risponde a questa domanda limitandosi ad affermare che si tratta degli stessi comportamenti del “bullismo” ma perpetrati “attraverso l’utilizzo di strumenti telematici o informatici”.
Nel caso qualcuno si senta vittima del “cyberbullismo”, potrà chiedere ”l’oscuramento, la rimozione, il blocco dei contenuti specifici” anche se i contenuti incriminati non rientrano all’interno della fattispecie del “trattamento illecito di dati”, reato penale, previsto dalle norme del “codice protezione dati personali” (DL n.196 del 30/06/2003 art.167). Il che vuol dire che una norma del genere rischia di dare spazio a qualsiasi genere di richiesta, da quella più bislacca a quella meno motivata, imponendo ai gestori dei siti l’obbligo di provvedere “all’oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto” entro 48 ore (art.2, comma 2) [2]. In caso di mancato accoglimento della richiesta sarà possibile procedere alla segnalazione al Garante per la privacy per i provvedimenti di competenza. Ma questo non basta in quanto i gestori dei siti dovrebbero dotarsi, entro un mese dall’entrata in vigore della norma, di specifiche procedure per raccogliere le suddette segnalazioni.
Gli altri articoli della legge prevedono attività di formazione, informazione e prevenzione a carico delle Scuole e la modifica a due articoli del Codice Penale, il 612bis che riguarda gli “Atti persecutori” e l’art.240 che riguarda la confisca delle cose ”che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.”, anche senza una condanna. Il che vuol dire che non ci dovrà necessariamente essere una sentenza per sequestrare un sito sul quale si sarebbe commesso quel tipo di reato.
I commenti comparsi in Rete subito dopo la diffusione della bozza della legge sono stati, una volta tanto, abbastanza unanimi nel trovare il provvedimento vergognoso e confermare ancora una volta l’ignoranza dei politici delle cose di Internet.
Hanno commentato negativamente questa proposta persino dall’estero, dove Cory Doctorow, un giornalista e scrittore ben noto non solo a chi si occupa di Rete, le ha dedicato un lungo articolo definendola, benignamente, “la più stupida legge censoria della storia europea” [3]. Questo perché, per come è stata scritta, la norma potrebbe essere usata anche per censurare espressioni satiriche o di critica politicamente scorrette.
I promotori di questa inutile legge appartengono, non è una sorpresa, al PD ma ci sono suoi sostenitori sparsi anche negli altri partiti. I primi firmatari hanno avuto anche il coraggio di lamentarsi, quando si è diffusa la voce di quello che avevano progettato, che il testo iniziale era stato stravolto, nel corso del dibattito, da alcuni emendamenti.
In casi del genere l’unica speranza è che questo pasticcio si areni per sempre in una delle secche della politica o che, se venga approvato, finisca nel dimenticatoio.
Pepsy
[1] Non essendo ancora stata approvata definitivamente si fa riferimento alla versione reperibile in Rete, per esempio qui http://osservatorio-cyberbullismo.blogautore.repubblica.it/files/2016/09/MessaggioC.3139.pdf?ref=HREC1-16
[2] Il che presuppone che, chiunque gestisca un sito deve controllarlo 24 ore su 24, per non rischiare poi di trovarsi, al ritorno da un fine settimana al mare senza Internet, con una bella grana.
[3] https://boingboing.net/2016/09/18/italy-on-the-verge-of-the-stup.html